venerdì 20 maggio 2016

Don Ciotti: "L'economia va legata a etica e ecologia". La lezione del prete di strada ai giovani industriali



C’È UN’UNIONE che esiste, che va rafforzandosi e che voi avete il merito di estendere al di là della vostra associazione. Libera collabora attivamente e proficuamente con tante realtà del mondo economico coinvolte in progetti di utilità sociale. Voi siete una di queste. (…) Unione vuol dire mettere insieme competenze, passioni, impegno. Ma anche cercare insieme giustizia e verità. Solo unendo le forze degli onesti, la richiesta di cambiamento diventa forza di cambiamento. Non facciamoci ingannare. Il tempo dell’individualismo – del mercato selvaggio, della competizione sleale – è scaduto. (…) L’unione fa la forza vuol dire che da soli non ce la facciamo. Anche l’economia non ce la può fare. L’economia va ripensata, va rigenerata. E chi meglio di voi – che avete menti fresche, aperte al nuovo – può farlo? L’economia va associata a due parole: etica e ecologia.
La crisi economica è prima di tutto una crisi dell’etica. E bisogna dare atto degli sforzi che state facendo in questo campo. L’impegno per la trasparenza, per la lealtà, per il rispetto delle regole. Crisi dell’etica, perché nel nostro Paese ancora troppi sono i reati depenalizzati nelle coscienze, inquadrati nell’ambito di una legalità sostenibile, calibrata secondo le circostanze e gli interessi. Non bastano allora le norme, pure necessarie. Occorre un’educazione delle coscienze e un cambiamento delle condotte, a cominciare da chi amministra e governa il bene comune.
 UN ritorno all’etica non è solo giusto ma redditizio. Sapete bene, da imprenditori, quanto la corruzione soffochi lo sviluppo del Paese. (…) La corruzione è l’avamposto delle mafie. E liberare il Paese dalla corruzione è un imperativo non solo etico ma economico. Oggi si è creata una saldatura tra la finanza opaca, slegata dall’economia reale, dai bisogni delle persone, e il sistema di accumulazione mafiosa.
La legalità è il presupposto di sviluppo. Ma lo sviluppo economico non è che una parte del progresso sociale. A lungo ci è stato detto che i diritti – la tutela delle persone, del lavoro, delle fasce più deboli – erano una zavorra, un ostacolo alla produzione di ricchezza. Ora sappiamo che non è così. Che proprio questa mancanza di tutele ha prodotto squilibri, disuguaglianze, monopoli, povertà, disoccupazione. Ora sappiamo che i diritti sono indispensabili allo sviluppo economico e, in senso lato, al progresso sociale, civile ed economico del Paese.
L’altra parola con cui l’economia deve ritrovare un legame è ecologia. Negli ultimi decenni abbiamo assistito a un rovesciamento del rapporto fra ecologia e economia, dove l’ecologia – l’intero – è stata sottomessa all’economia – la parte. Ma l’ecologia è il fondamento dell’economia, è la visione d’insieme che orienta i processi economici al bene comune, nel rispetto della dignità delle persone, dei ritmi della natura e delle leggi della vita. Se l’economia perde questo riferimento diventa, come stiamo vedendo, una forza distruttrice.
Non bisogna dunque commettere l’errore di identificare l’economia con la sola ricchezza materiale. L’economia va contestualizzata in una dimensione più ampia, dove il bene non viene dal possesso ma dalle relazioni, quelle fra di noi, e quelle di tutti noi con l’ambiente.
Il benessere non è dato allora solo dal pil. È dato anche – anzi prima di tutto – dalla cultura, dal lavoro, dalla qualità dei servizi sociali, dal rispetto dell’ambiente e della terra, la nostra fonte di vita. Il benessere, quello vero, lo troviamo nella ricerca di verità, nella costruzione di una società giusta e, sul piano quotidiano, nello stabilire relazioni oneste e sincere. Lo troviamo solo facendo dell’io un veicolo della vita e non della vita un dominio dell’io.
Ecco allora che un’economia capace di ritrovare un legame con l’etica e l’ecologia diventa forza di cambiamento e di benessere. E diventa quella nuova economia auspicata nella Laudato sì, di papa Francesco. (…) Un’ultima parola su di voi, su voi giovani imprenditori. Voi credete nel futuro del vostro Paese, e il Paese ha il dovere di credere in voi. Quello dei giovani è un grande problema, forse il più grande. Questa è la prima generazione di giovani rapinata della speranza. Ma una società che non investe sui giovani è una società che divora se stessa, una società che non crede più al proprio futuro. Non dobbiamo preoccuparci dei giovani, dobbiamo occuparci di loro. Dare loro strumenti di conoscenza e di formazione. Favorire le loro passioni, i loro talenti, il loro spirito d’iniziativa. E poi dargli il modo di concretizzarli. I giovani hanno bisogno di cose concrete. E di adulti che concretamente sappiano ascoltarli, valorizzarli e dargli spazio.

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