C’È UN’UNIONE che esiste, che va
rafforzandosi e che voi avete il merito di estendere al di là della vostra
associazione. Libera collabora attivamente e proficuamente con tante realtà del
mondo economico coinvolte in progetti di utilità sociale. Voi siete una di
queste. (…) Unione vuol dire mettere insieme competenze, passioni, impegno. Ma
anche cercare insieme giustizia e verità. Solo unendo le forze degli onesti, la
richiesta di cambiamento diventa forza di cambiamento. Non facciamoci
ingannare. Il tempo dell’individualismo – del mercato selvaggio, della
competizione sleale – è scaduto. (…) L’unione fa la forza vuol dire che da soli
non ce la facciamo. Anche l’economia non ce la può fare. L’economia va
ripensata, va rigenerata. E chi meglio di voi – che avete menti fresche, aperte
al nuovo – può farlo? L’economia va associata a due parole: etica e ecologia.
La crisi economica è prima di
tutto una crisi dell’etica. E bisogna dare atto degli sforzi che state facendo
in questo campo. L’impegno per la trasparenza, per la lealtà, per il rispetto
delle regole. Crisi dell’etica, perché nel nostro Paese ancora troppi sono i
reati depenalizzati nelle coscienze, inquadrati nell’ambito di una legalità
sostenibile, calibrata secondo le circostanze e gli interessi. Non bastano
allora le norme, pure necessarie. Occorre un’educazione delle coscienze e un
cambiamento delle condotte, a cominciare da chi amministra e governa il bene
comune.
UN ritorno all’etica non è solo giusto ma
redditizio. Sapete bene, da imprenditori, quanto la corruzione soffochi lo
sviluppo del Paese. (…) La corruzione è l’avamposto delle mafie. E liberare il
Paese dalla corruzione è un imperativo non solo etico ma economico. Oggi si è
creata una saldatura tra la finanza opaca, slegata dall’economia reale, dai
bisogni delle persone, e il sistema di accumulazione mafiosa.
La legalità è il presupposto di
sviluppo. Ma lo sviluppo economico non è che una parte del progresso sociale. A
lungo ci è stato detto che i diritti – la tutela delle persone, del lavoro,
delle fasce più deboli – erano una zavorra, un ostacolo alla produzione di
ricchezza. Ora sappiamo che non è così. Che proprio questa mancanza di tutele
ha prodotto squilibri, disuguaglianze, monopoli, povertà, disoccupazione. Ora
sappiamo che i diritti sono indispensabili allo sviluppo economico e, in senso
lato, al progresso sociale, civile ed economico del Paese.
L’altra parola con cui
l’economia deve ritrovare un legame è ecologia. Negli ultimi decenni abbiamo
assistito a un rovesciamento del rapporto fra ecologia e economia, dove
l’ecologia – l’intero – è stata sottomessa all’economia – la parte. Ma
l’ecologia è il fondamento dell’economia, è la visione d’insieme che orienta i
processi economici al bene comune, nel rispetto della dignità delle persone,
dei ritmi della natura e delle leggi della vita. Se l’economia perde questo
riferimento diventa, come stiamo vedendo, una forza distruttrice.
Non bisogna dunque commettere
l’errore di identificare l’economia con la sola ricchezza materiale. L’economia
va contestualizzata in una dimensione più ampia, dove il bene non viene dal
possesso ma dalle relazioni, quelle fra di noi, e quelle di tutti noi con
l’ambiente.
Il benessere non è dato allora
solo dal pil. È dato anche – anzi prima di tutto – dalla cultura, dal lavoro,
dalla qualità dei servizi sociali, dal rispetto dell’ambiente e della terra, la
nostra fonte di vita. Il benessere, quello vero, lo troviamo nella ricerca di
verità, nella costruzione di una società giusta e, sul piano quotidiano, nello
stabilire relazioni oneste e sincere. Lo troviamo solo facendo dell’io un
veicolo della vita e non della vita un dominio dell’io.
Ecco allora che un’economia
capace di ritrovare un legame con l’etica e l’ecologia diventa forza di
cambiamento e di benessere. E diventa quella nuova economia auspicata nella
Laudato sì, di papa Francesco. (…) Un’ultima parola su di voi, su voi giovani
imprenditori. Voi credete nel futuro del vostro Paese, e il Paese ha il dovere
di credere in voi. Quello dei giovani è un grande problema, forse il più
grande. Questa è la prima generazione di giovani rapinata della speranza. Ma
una società che non investe sui giovani è una società che divora se stessa, una
società che non crede più al proprio futuro. Non dobbiamo preoccuparci dei giovani,
dobbiamo occuparci di loro. Dare loro strumenti di conoscenza e di formazione.
Favorire le loro passioni, i loro talenti, il loro spirito d’iniziativa. E poi
dargli il modo di concretizzarli. I giovani hanno bisogno di cose concrete. E
di adulti che concretamente sappiano ascoltarli, valorizzarli e dargli spazio.

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